domenica 28 febbraio 2016

laboratorio sulle relazioni

Come insegnare al meglio ai bambini a gestire positivamente le loro relazioni? A entrare in sintonia con gli altri? A non essere prepotenti? A capire gli altri? A aiutare? A rispettare?
Ogni genitore ha molta responsabilità sulle competenze sociali dei propri figli, perché può favorirne lo sviluppo oppure inibirle.
Ma come si fa a aiutare i nostri bambini a vivere positivamente la relazione con l’altro?
Il modo più semplice di rispondere è: facendogli sperimentare relazioni, a diversi livelli, con adulti, con i pari, ecc.
Confrontarsi con chi è diverso da noi ci permette di affinare le nostre abilità e di diventare più bravi a relazionarci con gli altri, ad essere meno timidi, a sostenere con gli altri le nostre idee senza aggressività, ad essere altruisti… le relazioni sono una palestra per le relazioni.
Quindi, la risposta più semplice alle domande sopra è: lasciamo ai bambini lo spazio ed il tempo per entrare in relazione con noi e con gli altri. Passiamo del tempo con loro, permettiamo loro di frequentare amici in momenti non strutturati, favorendo il gioco libero. Ogni momento insieme agli altri permetterà loro di imparare qualcosa.
Dagli adulti si apprenderà sicurezza  e protezione, e questo favorirà una solida immagine di sé. La relazione con l’adulto favorisce lo sviluppo di conoscenze, e abilità specifiche.
Dai pari si apprenderanno cooperazione e competizione: attraverso il gioco e lo scambio, si acquisiranno competenze necessarie e fondamentali per le relazioni adulte e che faranno la differenza tra individui in grado di avviare, sostenere e gestire la relazione con l’altro o con gli altri in modo adeguato o meno.
Servono entrambi i tipi di relazione,
Quindi,  come si fa a aiutare i nostri bambini a vivere positivamente la relazione con l’altro? Permettendogli di stare con gli altri, grandi e piccoli, e di allenarsi, per prove ed errori, in quella che è la palestra più importante per le abilità sociali. Infatti, nonostante spesso si pensi che ci sono persone più o meno predisposte alla relazione con l’altro, le abilità sociali sono frutto di apprendimento. Questo vuol dire che anche di fronte a una predisposizione innata, che forse accelera i tempi di apprendimento di alcune abilità, ognuno di noi deve trovare il modo di “imparare” come comportarsi con l’altro. Questo apprendimento, come dicevamo, nasce spontaneamente dalla relazione con l’altro: più opportunità ho di entrare in relazione, più facilmente diventerò abile in queste, così come più allenamenti farò nel giocare a pallone, più imparerò a giocarvi.
I genitori possono comunque aiutare a fare esperienza accelerando i tempi, fornendo stimoli, facendo fare esercizio, parlando con i propri figli, utilizzando le 5 strategie educative descritte da Gini (Ascoltare attivamente, «Dare credito», Fungere da modello, Responsabilizzare, «Sostenere»).
Così come si dà attenzione all’apprendimento scolastico, si dovrebbe dare spazio all’apprendimento affettivo e sociale, facendo esercizio!
Due strumenti che possono essere utili in questo esercizio sono:
-          la conoscenza di quali sono le competenze socio-emotive di base;
-          le fasi dello sviluppo relazionale dei bambini.

Comprendere le 5 aree della competenza socio-emotiva, permette di capire i 5 pilastri su cui si dovrebbero basare i  nostri sforzi educativi. In un certo senso possono fornirci la direzione per la domanda: dove vogliamo arrivare? Cosa vogliamo raggiungere come obiettivi educativi principali?


Di seguito metteremo le fasi principali dello sviluppo relazionale. Conoscerle permette di non avere aspettative inadeguate nel confronto dei bambini (es. sperare che un bambino di tre anni esprima adeguatamente la propria frustrazione verso l’altro –che magari gli ha rubato un giocattolo – senza passare alle maniere forti è raro, così come aspettarsi che un bambino di 2 anni giochi con gli altri rispettando i turni):
-          1° anno di vita: nei rapporti tra coetanei sono presenti risposte come sorridere, vocalizzare, offrire giocattoli, avvicinarsi; si tratta comunque di interazioni brevi, isolate e passive rispetto a quelle con l’adulto; comunque c’è interesse per i pari, anche se si predilige l’attenzione e la relazione con l’adulto.
-          2° anno di vita: i coetanei diventano un oggetto di forte interesse per i bambini:
o   le interazioni sociali sono centrate soprattutto sugli oggetti (giocattoli e ad altri oggetti non sociali);
o   l’imitazione diventa più frequente e meglio coordinata;
o   gli scambi sono ancora di tipo speculare, parallelo.
Anche i bambini piccoli stabiliscono dei legami stabili, selettivi e reciproci; c’è affettività, attenzione, interesse per l’altro: l’amicizia nasce per bisogno di vicinanza e rassicurazione emotiva, soprattutto in assenza dell’adulto.  C’è spesso conflittualità.
-          Dai due ai quattro anni: notevole sviluppo delle abilità di relazione con i pari (grazie alle maggiori capacità verbali ed alla comprensione delle regole) riscontrabile, ad esempio, nell’aumento della frequenza con cui vengono messe in atto attività di gioco coordinate quali:
o   il gioco sociodrammatico;
o   il gioco di inseguimento;
o   il gioco di lotta.
Hanno l’abilità di darsi dei turni, di salutare, di guardare negli occhi l’altro, di ridere di situazioni strane. Iniziano i giochi di gruppo. Ancora frequenti le “aggressioni fisiche”, non dettate dal fare male all’altro ma per rivendicare un proprio diritto o desiderio.
-          Scuola dell’infanzia: si rafforza il concetto di amicizia; essere amici significa soprattutto giocare insieme, fare qualcosa di interessante con qualcuno; si può essere amici di qualcuno solo se questi si comporta bene ed “è bravo e ubbidiente”. Relazioni più stabili,  con solitamente preferenza sessuale; distinzione tra amici –compagni di gioco e vicini- e altri compagni; si sviluppa la cooperazione; giochi di ruolo e di gruppo; uso di termini quali grazie, prego, per favore.
-          7-9 anni: l’amicizia è caratterizzata dall’avere interessi comuni, condividere idee e preferenze; amicizia significa anche fare qualcosa per qualcun altro, amico è chi ti aiuta se ne hai bisogno; maggior numero di amici, maggiore qualità della relazioni; importanza dei gesti comuni, delle attività insieme, attenzione alle caratteristiche psicologiche dell’amico (NOI amici! NOI famiglia).  Si affina l’empatia, la capacità di comprendere il punto di vista dell’altro; l’amico è definito in base ai valori, al piacere della compagnia reciproca, al divertimento.  Piacciono i giochi da tavola, anche complessi nelle regole. C’è molta attenzione al rispetto, ma poca solidarietà (proprio perchè empatia è ancora in fase di sviluppo). E’ ancora forte il piacere nel fare le cose assieme agli adulti.
-          11-13 anni: il concetto di amicizia inizia a includere l’intimità (unicità, anche in termini un po’ rigidi), la condivisione delle emozioni dell’altro e la fiducia nell’amico, questo implica cooperazione e aiuto psicologico.

-          adolescenza: L’amicizia comprende l’accettazione del bisogno di altre relazioni da parte degli amici e la consapevolezza che la relazione di amicizia si sviluppa e cambia nel tempo; amicizia solida e duratura, intimità e fiducia, ricerca di compatibilità psicologica, affetto profondo, base per relazione di coppia. Importanza prevalente ai pari: omologazione.