Come insegnare al meglio ai bambini a gestire positivamente
le loro relazioni? A entrare in sintonia con gli altri? A non essere
prepotenti? A capire gli altri? A aiutare? A rispettare?
Ogni genitore ha molta responsabilità sulle competenze
sociali dei propri figli, perché può favorirne lo sviluppo oppure inibirle.
Ma come si fa a aiutare i nostri bambini a vivere
positivamente la relazione con l’altro?
Il modo più semplice di rispondere è: facendogli
sperimentare relazioni, a diversi livelli, con adulti, con i pari, ecc.
Confrontarsi con chi è diverso da noi ci permette di
affinare le nostre abilità e di diventare più bravi a relazionarci con gli
altri, ad essere meno timidi, a sostenere con gli altri le nostre idee senza
aggressività, ad essere altruisti… le relazioni sono una palestra per le
relazioni.
Quindi, la risposta più semplice alle domande sopra è:
lasciamo ai bambini lo spazio ed il tempo per entrare in relazione con noi e
con gli altri. Passiamo del tempo con loro, permettiamo loro di frequentare
amici in momenti non strutturati, favorendo il gioco libero. Ogni momento
insieme agli altri permetterà loro di imparare qualcosa.
Dagli adulti si apprenderà sicurezza e protezione, e questo favorirà una solida
immagine di sé. La relazione con l’adulto favorisce lo sviluppo di conoscenze,
e abilità specifiche.
Dai pari si apprenderanno cooperazione e competizione:
attraverso il gioco e lo scambio, si acquisiranno competenze necessarie e
fondamentali per le relazioni adulte e che faranno la differenza tra individui
in grado di avviare, sostenere e gestire la relazione con l’altro o con gli
altri in modo adeguato o meno.
Servono entrambi i tipi di relazione,
Quindi, come si fa a
aiutare i nostri bambini a vivere positivamente la relazione con l’altro?
Permettendogli di stare con gli altri, grandi e piccoli, e di allenarsi, per
prove ed errori, in quella che è la palestra più importante per le abilità
sociali. Infatti, nonostante spesso si pensi che ci sono persone più o meno
predisposte alla relazione con l’altro, le abilità sociali sono frutto di
apprendimento. Questo vuol dire che anche di fronte a una predisposizione
innata, che forse accelera i tempi di apprendimento di alcune abilità, ognuno
di noi deve trovare il modo di “imparare” come comportarsi con l’altro. Questo
apprendimento, come dicevamo, nasce spontaneamente dalla relazione con l’altro:
più opportunità ho di entrare in relazione, più facilmente diventerò abile in
queste, così come più allenamenti farò nel giocare a pallone, più imparerò a
giocarvi.
I genitori possono comunque aiutare a fare esperienza
accelerando i tempi, fornendo stimoli, facendo fare esercizio, parlando con i
propri figli, utilizzando le 5 strategie educative descritte da Gini (Ascoltare
attivamente, «Dare credito», Fungere da modello, Responsabilizzare,
«Sostenere»).
Così come si dà attenzione all’apprendimento scolastico, si
dovrebbe dare spazio all’apprendimento affettivo e sociale, facendo esercizio!
Due strumenti che possono essere utili in questo esercizio
sono:
-
la conoscenza di quali sono le competenze
socio-emotive di base;
-
le fasi dello sviluppo relazionale dei bambini.
Comprendere le 5 aree della competenza socio-emotiva,
permette di capire i 5 pilastri su cui si dovrebbero basare i nostri sforzi educativi. In un certo senso
possono fornirci la direzione per la domanda: dove vogliamo arrivare? Cosa
vogliamo raggiungere come obiettivi educativi principali?
Di seguito metteremo le fasi principali dello sviluppo
relazionale. Conoscerle permette di non avere aspettative inadeguate nel
confronto dei bambini (es. sperare che un bambino di tre anni esprima
adeguatamente la propria frustrazione verso l’altro –che magari gli ha rubato
un giocattolo – senza passare alle maniere forti è raro, così come aspettarsi
che un bambino di 2 anni giochi con gli altri rispettando i turni):
-
1° anno di vita: nei rapporti tra
coetanei sono presenti risposte come sorridere, vocalizzare, offrire
giocattoli, avvicinarsi; si tratta comunque di interazioni brevi, isolate e
passive rispetto a quelle con l’adulto; comunque c’è interesse per i pari,
anche se si predilige l’attenzione e la relazione con l’adulto.
-
2° anno di vita: i coetanei diventano un
oggetto di forte interesse per i bambini:
o le
interazioni sociali sono centrate soprattutto sugli oggetti (giocattoli e ad
altri oggetti non sociali);
o l’imitazione
diventa più frequente e meglio coordinata;
o gli
scambi sono ancora di tipo speculare, parallelo.
Anche i bambini piccoli stabiliscono dei legami stabili,
selettivi e reciproci; c’è affettività, attenzione, interesse per l’altro:
l’amicizia nasce per bisogno di vicinanza e rassicurazione emotiva, soprattutto
in assenza dell’adulto. C’è spesso
conflittualità.
-
Dai due ai quattro anni: notevole
sviluppo delle abilità di relazione con i pari (grazie alle maggiori capacità
verbali ed alla comprensione delle regole) riscontrabile, ad esempio,
nell’aumento della frequenza con cui vengono messe in atto attività di gioco
coordinate quali:
o il
gioco sociodrammatico;
o il
gioco di inseguimento;
o il
gioco di lotta.
Hanno l’abilità di darsi dei turni, di salutare, di guardare
negli occhi l’altro, di ridere di situazioni strane. Iniziano i giochi di
gruppo. Ancora frequenti le “aggressioni fisiche”, non dettate dal fare male
all’altro ma per rivendicare un proprio diritto o desiderio.
-
Scuola dell’infanzia: si rafforza il
concetto di amicizia; essere amici significa soprattutto giocare insieme, fare
qualcosa di interessante con qualcuno; si può essere amici di qualcuno solo se
questi si comporta bene ed “è bravo e ubbidiente”. Relazioni più stabili, con solitamente preferenza sessuale;
distinzione tra amici –compagni di gioco e vicini- e altri compagni; si
sviluppa la cooperazione; giochi di ruolo e di gruppo; uso di termini quali
grazie, prego, per favore.
-
7-9 anni: l’amicizia è caratterizzata
dall’avere interessi comuni, condividere idee e preferenze; amicizia significa
anche fare qualcosa per qualcun altro, amico è chi ti aiuta se ne hai bisogno;
maggior numero di amici, maggiore qualità della relazioni; importanza dei gesti
comuni, delle attività insieme, attenzione alle caratteristiche psicologiche
dell’amico (NOI amici! NOI famiglia). Si
affina l’empatia, la capacità di comprendere il punto di vista dell’altro;
l’amico è definito in base ai valori, al piacere della compagnia reciproca, al
divertimento. Piacciono i giochi da tavola, anche complessi
nelle regole. C’è molta attenzione al rispetto, ma poca solidarietà (proprio
perchè empatia è ancora in fase di sviluppo). E’ ancora forte il piacere nel
fare le cose assieme agli adulti.
-
11-13 anni: il concetto di amicizia
inizia a includere l’intimità (unicità, anche in termini un po’ rigidi), la
condivisione delle emozioni dell’altro e la fiducia nell’amico, questo implica
cooperazione e aiuto psicologico.
-
adolescenza: L’amicizia comprende
l’accettazione del bisogno di altre relazioni da parte degli amici e la
consapevolezza che la relazione di amicizia si sviluppa e cambia nel tempo;
amicizia solida e duratura, intimità e fiducia, ricerca di compatibilità
psicologica, affetto profondo, base per relazione di coppia. Importanza
prevalente ai pari: omologazione.