Adriana Cantisani,
nota formatrice e family coach, è intervenuta a Cles, nella serata introduttiva
dell’Albero delle Relazioni- III edizione. La sua capacità comunicativa e il
racconto delle sue esperienze di vita e professionali hanno guidato i genitori
e gli educatori presenti in un’attenta analisi delle situazioni delle famiglie
di oggi, collegandosi perfettamente con i temi dell’Albero (emozioni, relazioni
e motivazioni) che ha definito come le tre gambe dello sgabello della
genitorialità, i tre aspetti, equamente importanti, che possono aiutare i
genitori a comprendere i comportamenti dei figli e a individuare le strategie
migliori per affrontare le situazioni problematiche.
Ha esordito dicendo
che dei tanti anni di esperienza in ambito educativo, il lavoro più difficile
ed importante che ha svolto è quello di mamma. E visto che i suoi ragazzi sono
adolescenti, non vede l’ora di vederli uscire di casa, per capire che uomini
sono diventati, come affrontano il mondo, come reagiscono alle difficoltà che
necessariamente troveranno sulla loro strada. Questa prima riflessione ha
sottolineato due aspetti importanti:
- - la peculiarità e l’importanza del ruolo dei genitori, che indipendentemente da tutto, è difficile e complesso, ricco di soddisfazioni e gioie, ma in questo momento storico anche intriso di insicurezze e dubbi;
- - la rilevanza dell’educazione non solo nell’immediato, ma per forgiare quelle che dovranno essere persone adulte, in futuro, in grado di vivere appieno la propria vita, di sviluppare al meglio le proprie potenzialità, di gestire relazioni con solidarietà e generosità, ecc.
Ha inoltre
sottolineato come siano 5 le problematiche che ritrova più di frequente nel suo
lavoro con le famiglie:
1. le
vecchie certezze non reggono:
a. il concetto di famiglia non è più quello di una
volta, le molteplici forme famigliari sono attualmente più complesse ed i
vecchi metodi educativi non sono più efficaci;
b. i ruoli di genitori ed educatori hanno meno autorità:
ad esempio la maestra è diventata un’amica, e questo talvolta porta ad un minor
rispetto della persona ma anche delle regole che sostiene;
c. Il lavoro occupa gran parte del nostro tempo, ma nel
contempo ci sentiamo, come genitori, in obbligo di fare cose che i nostri
genitori non facevano (es. fare i compiti assieme ai figli).
2. il
bambino “vale” di più: va seguito nello studio, va incoraggiato ad esprimersi
liberamente, va incoraggiato a “migliorarsi” con sport ed altro, va coltivata
la sua autostima…
3. siamo
soli:
manca il confronto tra genitori, mancano degli spazi per vedere altri bambini
della stessa età dei propri (le corti di una volta), che ci farebbero capire
come alcuni comportamenti sono normali, legati all’età. Ci sentiamo spesso
invece incompetenti, fino ad aver voglia di gettare la spugna.
4. siamo
schiacciati dal senso di colpa: in particolare abbiamo paura a dire no e
temiamo ogni reazione negativa dei nostri figli (tristezza, rabbia);
5. i metodi educativi spesso
sono inadeguati e/o incoerenti tra genitori, creando confusione nei figli,
incomprensioni nella coppie e genitori delusi dai propri figli.
Questa
situazione porta i genitori a sentirsi
vulnerabili e confusi nel loro ruolo: il comportamento dei figli non cambia o
addirittura peggiora, diventano sempre più frustrati, aggressivi e tristi, nascono
spesso dei conflitti all'interno della coppia creando un ciclo vizioso da cui è
difficile uscire.
E allora che fare? E’ necessario ripensare e lavorare
sulle tre gambe dello sgabello.
Le emozioni hanno un ruolo fondamentale nella nostra
esistenza: comprenderle, conoscere come si sviluppano e gestirle al meglio ci
permette di reagire alle situazioni in modo diverso e di conseguenza ad
insegnare questo ai nostri figli. Le emozioni dipendono dalla lettura che diamo
alla situazione e quindi hanno, sebbene sembri strano, una forte componente
razionale. Comprendere come leggiamo il mondo, ci permette di capire come non
venire sopraffatti da emozioni negative. (Questo tema verrà trattato in primavera
2015, soprattutto nei laboratori di approfondimento).
Le
relazioni si dovrebbero basare su una buona comunicazione, che implica
reciprocità, intenzionalità e significato. Anche in questo i genitori hanno un
ruolo di esempio importante. A volte però anche nella relazione genitori-figli,
questi tre aspetti mancano: parliamo ma i figli né ci ascoltano né ci sentono,
ci si dimentica di guardarsi negli occhi, aspetto fondamentale per agganciare
l’attenzione, ma che spesso manca, visto che più del 70% della nostra
comunicazione è non verbale. Inoltre a volte manca l’intenzionalità: gli adulti
sanno i diversi significati delle parole e colgono il significato dal contesto,
mentre i bambini stanno costruendo il significato delle parole… molto spesso
noi non sappiamo esprimerci nel modo intenzionale, attenti a farsi capire.
Molto spesso sono i genitori a non essere chiari, ad usare termini generici
(fai il bravo, stai composto), mentre si otterrebbe molto di più chiarendo
nello specifico quello che si vuole ottenere. Importante è anche specificare il
significato delle richieste: alcune volte ci si impone, mentre se si
spiegassero le vere motivazioni sottostanti la richiesta si darebbe valore alla
persona e alla sua capacità di comprendere cosa ci spinge a fare alcune
richieste. (Questo tema verrà
trattato in autunno 2015, soprattutto nei laboratori di approfondimento).
Le
motivazioni, sono strettamente collegate alle precedenti, ogni genitore
dovrebbe lavorare per dare un senso di competenza ai propri figli, per
sottolineare il contributo positivo che possono dare alla quotidianità. E’
importante farli sentire importanti, senza complimenti inutili o giudizi, ma
dando attenzione sia ai comportamenti positivi sia a quelli negativi. E’
importante chiedere e interessarsi sempre ai figli, indipendentemente dal
risultato. Spesso i genitori tendono a parlare (commentare, dare attenzione)
solo quando le cose vanno male, è importante avere lo stesso livello di
attenzione alle cose che accadono indipendentemente dal loro essere positive o
negative. Inoltre, è fondamentale e positivo dare delle responsabilità, degli obblighi ai figli,
perché sottende il credere nelle loro capacità. (Questo tema verrà trattato in primavera 2016, soprattutto
nei laboratori di approfondimento).
Adriana
ha concluso la sua ricca discussione, con alcune rassicurazioni. In primis ha
sottolineato come tutti i genitori sono nella stessa barca e quindi come sia
necessario cercare confronto con altri per non sentirsi più soli. L'aiuto migliore
non arriva da manuali o da esperti, ma dal nostro tessuto sociale che è ricco
di esperienze di vita (amiche, parenti, colleghi…). Inoltre, imparare a
riconoscere le emozioni è fondamentale e può permetterci di essere d’esempio ai
figli aiutandoli a vivere appieno la loro vita emotiva. Infine, ha asserito
come il metodo educativo più adeguato per i nostri figli è quello che va meglio
per noi, più coerente con i nostri valori: è importante condividere col partner
tale metodo, cercando di non screditarsi vicendevolmente di fronte ai figli.
Una serata ricca di stimoli, senza ricette
preconfezionate, ma con l’intento di valorizzare il ruolo di ogni genitore,
comprendendone gli sforzi e accettandone le difficoltà. Una serata da cui si è
usciti col sorriso e con il desiderio di mettersi in gioco ancora di più in
quello che è il lavoro più importante nella vita di una persona: l’essere
genitore.