sabato 30 luglio 2016

Locus of Control

Tutto dipende dal destino o tutto dipende da noi? C’è chi la pensa in un modo, chi nell’altro. Ma non stiamo solo parlando di un’opinione: questo modo di pensare condiziona le nostre scelte, la nostra immagine di noi stessi… Queste due opinioni sono racchiuse nel concetto di Locus of Control.
Il concetto di Locus of Control, proposto nella serata di Daniela Raccanello, come componente per comprendere le motivazioni aiuta a capire come pensarla in un modo o nell’altro sia rilevante nelle nostre vite.
La contrapposizione di un destino che governa la nostra esistenza contro il potere delle nostre scelte è una questione filosofica prima ancora che psicologica che ha visto impegnati molti famosi pensatori come Aristotele e Platone. Un  teorico dell’apprendimento come Albert Bandura sostiene che la presona non maturi pienamente finché non si sviluppa un senso di controllo personale. Altri credono in un destino incontrollabile. A ciascuno di noi è data facoltà di credere all’una o all’altra fazione e questa convinzione risiede proprio nel locus of control.

Cos’è il locus of control?

Il locus of control o "luogo di controllo" è una variabile psicologica definita da Julian Rotter per indicare la percezione che ciascuno ha circa la possibilità di controllare la propria vita.
Siamo convinti che quello che scegliamo di fare sia importante per direzionare gli eventi che ci accadono? Oppure tutto è dovuto al caso, alla fortuna, agli altri? Esistono due tipologie di locus of control: interno (attribuzione interna del controllo: “io controllo la mia vita”) ed esterno (attribuzione esterna del controllo: “Il destino controlla la mia vita”). Questa variabile è molto importante in psicologia perché determina l’atteggiamento, la motivazione e la spinta ad agire dell’individuo.

Locus interno ed esterno

Chi ha un locus esterno si sente spesso in balia dell’imprevedibilità e non ricerca delle soluzioni autonome, ma si affida agli altri. La motivazione è molto debole e c’è una visione negativa dell’andamento della vita. Chi ha un locus interno invece, si impegna nella ricerca attiva di strumenti e soluzioni perché ritiene che le soluzioni ai suoi problemi siano alla sua portata. Possiede alti livelli motivazionali. Questa distinzione così netta è utile ai fini di ricerca, ma è importante comprendere che nella realtà non ci sono persone così chiaramente "interne" o "esterne". Gli individui hanno una tendenza predominante in uno dei due sensi, ma sono molteplici le fonti di variazioni. Il ruolo, il tipo di circostanza e le aspettative di volta in volta influenzano il nostro atteggiamento portandolo ad essere arrendevole o determinato. E’ come una bilancia che talvolta pende da una parte e talvolta pende dall’altra.
In generale è stato osservato che chi percepisce maggiore abilità nel controllare gli eventi è in grado di padroneggiare meglio le situazioni stressanti. Più in generale il locus è stato messo in relazione con la probabilità di ammalarsi e di mettere in atto strategie preventive. Il locus interno è associato a un maggior numero di comportamenti protettivi, ma d’altra parte mostrano maggiore indipendenza dal medico a danno del rapporto terapeutico (compliance).

Evento positivo
Evento negativo
Esempio
Stile attribuzionale
Locus esterno
Locus interno
Il compito mi è riuscito perché era facile, sono stato fortunato.
La partita l’ho persa perché non sono capace di giocare.
È l’attribuzione più rischiosa perché minaccia l’autostima.
 Locus interno
Locus esterno
Il compito mi è riuscito perché mi sono impegnato.
La partita l’ho persa perché l’arbitro era contro di noi, siamo stati sfortunati.
Tende a precludere possibilità di miglioramento e di crescita.
 Locus esterno
Locus esterno
Il compito mi è riuscito perché era facile, sono stato fortunato.
La partita l’ho persa perché l’arbitro era contro di noi, siamo stati sfortunati.
La persona ha alte probabilità di risultare passiva.
 
Locus interno
Locus interno
Il compito mi è riuscito perché mi sono impegnato.
La partita l’ho persa perché non sono capace di giocare.
È la combinazione più proficua purché non generi eccessive ansie e sensi di colpa.

Consideriamo come vengono percepiti eventi positivi e negativi della vita.
Se la causa dei successi viene ritenuta prevalentemente esterna e quella degli insuccessi interna, si verifica la situazione più rischiosa: la persona non crede nelle proprie capacità e ritiene inutile impegnarsi. Può innescarsi l’impotenza appresa (che verrà approfondita nel prossimo post).
La situazione contraria (successo riferito a cause interne e insuccesso all’esterno) è anch’essa rischiosa, in quanto impedisce alla persona di crescere e la mette in una posizione scomoda nei confronti degli altri. Il pensiero costante è “io sono bravo, sono gli altri che a volte mi intralciano la strada”.
Chi attribuisce per la maggior parte delle volte sia i successi che i fallimenti a cause esterne, rischia di diventare passivo perché pensa di non potere mai padroneggiare la situazione: “tanto, qualsiasi cosa faccio il risultato non dipende da me”.
Soltanto chi attribuisce prevalentemente sia i propri fallimenti che i propri successi a cause interne, riesce a ottenere risultati migliori, in quanto s’impegna e persiste anche di fronte a compiti particolarmente impegnativi e sa affrontare positivamente anche l’insuccesso, vissuto come indicatore di un impegno insufficiente. È necessario, però, tenere sotto controllo l’ansia e i sensi di colpa.

Bisogna quindi educarsi (ed educare) a riconoscere sia il proprio contributo (al pensare che se mi impegno le cose accadono), ad accettare che talvolta possa intervenire quello degli altri e di fattori esterni (talvolta può capitare che l’impegno non basti), e a operare con determinazione per crescere e migliorare.