Paolo Azzolini, psicologo e
psicoterapeuta di orientamento interazionistico-simbolico, ha guidato i
genitori presenti nell’uscire dagli schemi comuni per leggere l’adolescenza e
per capire quali sono le emozioni che la caratterizzano. La serata ha proposto
diverse suggestioni non per dare concetti, ma per aiutare i presenti a sposare
diversi punti di vista, e a interessarsi all’altro –in particolar modo se
adolescente- con sguardo nuovo.
Ha iniziato il discorso chiarendo
di cosa si occupa la psicologia: la psicologia si occupa della mente. Ha
sottolineato come “Occorrono almeno 2 cervelli per fare una mente”, intendendo
che la psicologia non si occupa come altre scienze di una realtà data,
osservabile, concreta, ma che la realtà psicologica nasce dall’interazione tra
le persone. Il linguaggio costruisce questa realtà.
Partendo da questo presupposto
l’emozione non è misurabile in termini concreti (es. l’insieme delle
alterazioni fisiologiche che ne conseguono) ma si comprende solo analizzando il
significato che la persona dà a quella emozione, il racconto che ne fa a se
stessa ed agli altri.
Altra premessa ha riguardato il
concetto di adolescenza. Cosa ci scombussola di fronte agli adolescenti?
L’imprevedibilità e l’inafferrabilità, le emozioni dirompenti. L’adolescenza
spesso preoccupa, appare un periodo di difficile gestione. Per rompere questa
visione comune il dottor Azzolini ha proposto due riflessioni:
- 1. L’adolescenza non è necessaria, in alcune culture non c’è l’adolescenza. Non è un evento soggettivo, ma è socialmente costruito.
- 2. L’adolescenza è un pezzo del viaggio, deve essere conosciuta ma in sé non ha nulla di negativo.
In quest’ottica non esistono
“emozioni dell’adolescenza” ma emozioni degli adolescenti (così come le possono
provare adulti, anziani, ecc.). Per capire le emozioni degli adolescenti è
importante conoscere i racconti che i giovani fanno delle emozioni: quello che
gli adolescenti dicono delle loro emozioni, quello che si raccontano tra di
loro e quello che noi diciamo di loro. Questi tre racconti sono i tre pezzi di
un puzzle, non hanno priorità uno sull’altro, ma sono aspetti importanti per
capire le emozioni degli adolescenti.
Per visitare questi racconti il
dott. Azzolini ha utilizzato i racconti degli adolescenti in rete. Questo
perché i giovani prevalentemente parlano tra di loro: oggi non solo faccia a
faccia ma anche in internet, luogo dove spesso i giovani riversano i racconti
delle loro emozioni. Si è quindi intrapreso un viaggio attraverso le parole dei
giovani, dando spazio sia a gruppi particolari (ad es. Emochat –che deriva sia
da emotional che da emo-sangue, gruppi di ragazzi che mettono l’emozione, in
particolar modo il dolore, al centro della vita- Gruppi pro-ana -chat di
anoressiche, che danno sostegno a comportamenti anoressici -) sia ad abitudini
che sembrano caratterizzare l’adolescenza attuale (ad es. il Vamping –l’abitudine
di fare mattina messaggiandosi con i cellulari tutta la notte- Net-nominate
–fare una bravata, metterla in internet e poi nominare qualcuno perché lo
rifaccia), che colmano il bisogno di appartenenza e di identità tipico
dell’adolescenza.
Ha anche proposto delle voci
positive, riportando alcuni stralci di testi scritti dai giovani per Repubblica
(http://scuola.repubblica.it/) dove
il racconto di sé da parte dei ragazzi appare molto maturo e riflessivo.
Proprio da uno dei testi di una giovane il dott. Azzolini trae la sua
conclusione: il forte bisogno di essere
ascoltati espresso dai giovani, di raccontarsi, di trovare qualcuno che dia
spazio alle loro piccole storie. E’ questo il consiglio del relatore: aprire le
porte ai racconti dei giovani, cercando di evitare etichette e giudizi, non leggendo l’adolescenza come un
periodo problematico, ma come un tratto di un viaggio che può essere arricchito
dal dialogo con un adulto. E’ importante quindi discostarsi dal pensar comune,
non ricercare una “normalità” che non esiste (visto che normalità è un concetto
statistico, cioè che riguarda la maggior parte delle persone, mentre deviante è
chi si discosta da questa norma. Noi siamo abituati a etichettare la devianza e
la normalità con una connotazione morale –male, bene-). Comprendere che l’adolescenza
non è nulla di preoccupante ma deve solo essere ascoltata. Molto spesso i
genitori vengono poco considerati come interlocutori dai giovani, perché questi
li ritengono giudicanti. Per aprire il dialogo con loro, per ascoltarli è
importante capire come questi ci vedono. Come siamo visti noi dai giovani? Il
nostro modo di porci nei loro confronti facilita o riduce la possibilità di
comunicare con noi da parte degli adolescenti? E’ importante non imporre la
nostra visione, ma accettare la visione del mondo diversa dalla nostra (che non
vuol dire condividerla, ma considerarla possibile), mettersi nei panni di chi
sta cercando la sua strada, di chi ha il diritto di sbagliare e di vivere le
proprie esperienze.